Poesie Senigalliesi » Blog Archive » Luna d’argento
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Brilla il fuoco
Nel vecchio camino
Lingue ambrate
Calore divino.

Il cielo stellato
Invita a sognare
Sentieri rosa
Campi da arare.

La luna d’argento
Rischiara il viale
Bianco di neve
Per questo Natale.

Mauro Marcellini

2 Responses to “Luna d’argento”

    bella bellissima bravo bravissimo…ciao e buone feste

    Digerito da Panzallaria at 14:30 nella categoria aneddoti di panzallaria

    Quella volta che il gattoscemo si è mangiato l’albero di Natale.

    Mi viene in mente tutti gli anni, da quella volta, quando comincio a vedere le luminarie per la città.

    Quella volta aveva 3 mesi. Era un battufolo di cotone, stava rintanato dentro ad uno dei miei anfibi (dando i primi segnali della sua imbecillità ;-) ).

    Noi avevamo fatto il primo albero della nostra vita insieme. Tino e la sottoscritta erano orgogliosissimi del risultato.

    Albero vero, che poi lo portavi ad Ikea e lo piantava in Svezia. O in qualche parco delle colline bolognesi.

    Lucine intermittenti, soprattutto azzurre, che a noi ci piacciono molto le lucine azzurre. Palle colorate, anche vecchie, anche nuove.

    E poi un tripudio di regalini, regalucci. Tutti sotto l’albero, come nella famiglia del Mulino Bianco.

    Noi ci avevamo pure pensato che magari il gatto, piccolino, poteva tirarlo giù quel capolavoro. Lo avevamo messo al sicuro, sulla nostra cassapanca.

    O almeno così credevamo, poveri ingenui.

    Ci sono volute 2 settimane, ma alla fine, per capodanno, ce l’ha fatta il gatto a mangiarsi un pezzo di un festone.

    Il pirla, almeno a sentire la veterinaria che gli ha salvato la vita, ha usato i dentini per recidere un festone natalizio tutto brillantino dall’anima in metallo.

    E se l’è mangiato. Un pezzo lungo quanto lui.

    Quella volta ce ne siamo accorti perché ha smesso di mangiare. Poi anche di fare la cacca e vomitava, vomitava sempre. Con versi atroci che solo chi ha avuto un gatto che sta male ha sentito.

    Lo abbiamo portato dal veterinario. Solo che quella volta c’era il collega scemo del veterinario intelligente (ma non lo sapevamo ancora che era scemo) che ha guardato il gatto scemo e ha deciso che aveva una bella influenza.

    Così sono passati altri giorni. Altro vomito. Altri pianti.

    Fin quando, grazie alla Babi che lavorava lì, ci siamo rivolti direttamente alla clinica veterinaria.

    Gli hanno fatto le lastre. E si vedeva questo pezzo di filo metallico attorcigliato alle budella, intestino e stomaco, che sembrava c’avesse una presa per la corrente, all’interno del suo piccolo corpo.

    Lo hanno operato d’urgenza che stava andando in peritonite. Noi avevamo paura. Io che di gatti non ne avevo mai avuti, ho capito lì quanto bene si può volere ad un animale, che piangevo spesso per Raul e poi, dopo che ci hanno detto che l’operazione è andata bene, andavamo a trovarlo all’ospedale e lui ci faceva le fusa.

    Con quegli occhi vacui di chi se l’è vista brutta.

    Quella volta il gatto scemo è stato molto fortunato, perché poteva finire come uno spiedino natalizio.

    Noi abbiamo speso tutti i risparmi che avevamo da parte per quell’operazione (allora lavoravo solo io e Tino aveva dei soldini che la nonna gli aveva regalato per la Laurea e che sono andati nel fondo “budelladelgatto”).

    Quella volta il Capodanno non è stato gran che bello, che noi eravamo a Trieste da un amico e siamo dovuti tornare di corsa per via del gatto scemo che vomitava e mio suocero non sapeva come fare.

    Quella volta poi sono tornata dal veterinario scemo, dopo che è andato tutto bene. C’era anche il veterinario bravo.

    Entrambi ex compagni di scuola di mio babbo, pensate voi.

    Ci ho fatto un bel rinfaccino al veterinario scemo, che anche se fa parte della stessa tribù del gatto, poteva farci morire Raul che noi non siamo mica razzisti e anche se è scemo gli vogliamo poi bene.

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