Ricurvo sudicio e assorto
sovrasto io solo questo cemento
tra il verde invisibile udendolo
come scaglie di deserto,
e almen nelle fila d’ombra
ristudio crepe d’amianto
sorbite da sanguisughe
nel mio dolce turbamento;
intimo nel lago di noia
osservo, l’appiattirsi del tempo
ove s’abbagliano muraglie
e bitumi, di svanito argento,
ove farnetica, sempre più vivo,
il rosso insulto delle sanguisughe
e frulla bruciato, il sommo evento
sotto l’imporporato ingrandimento.
Così ripensando a questo terrazzo,
trovo con svagata inquietudine
come tutto sia un oscuro travaglio,
nella scarna e bionda
pressione del momento…
(infinita natura).
Carlo Federiconi