Dopo la scoperta del fuoco,
del ferro e della ruota,
l’uomo ci si mise d’impegno
e finalmente scoprì il pitale
vero lampo d’ingegno.
Ci volle tempo però, perché
facesse strada:
il Romano infatti, uomo duro,
preferiva farla contro il muro.
Cesare, dopo il “De Bello”,
a Cleopatra,
ne donò uno “da sballo”
tutto d’argento e d’oro
che aveva lo specchietto
ed il tergicristallo.
Il prode Anselmo alle Crociate
non aveva problemi:
usava l’elmetto
che teneva saldi i suoi capelli
con quell’appretto,
e tale era l’odore
che sbaragliava ogni assalitore.
Papa Clemente ne ideò uno
a forma d’acquasantiera,
lo sistemò in Vaticano,
e si sbellicava
a vedere gente
intingerci la mano.
Robespierre ne aveva fatto costruire uno
a forma di ghigliottina,
ma doveva stare attento per non trovarsi
qualche cosa di meno alla mattina.
Napoleone alla Moscova
disse: – Parbleu, qui mi si gela
benino! -
E se ne fece ricoprire uno
in ermellino.
Garibaldi che sempre in sella
s’era fatto il callo,
ne portava uno sotto il poncho
che serviva sia per lui
che pel cavallo.
Mazzini, il suo, l’avea donato
alla Giovane Italia
ed ogni socio a prova
di sprezzo umano
ci doveva intingere
e strofinar la mano.
Benito, al tempo dell’Impero
ne fece fare due
col Fascio Littorio
uno per sé,
l’altro per re Vittorio.
C’era un carillon che suonava:
“Giovinezza”
ed era uno spasso, una festa,
un’allegrezza.
E continuerei così fino
a sera,
fino all’ora di cena e della
preghiera,
ma credi pure a me, amico mio,
non c’è giorno più iellato
e brutto,
di quando il vasetto
ti rimane asciutto.
Tatone