In pantofole, davanti alla tivù,
al tepor del camino, la formica,
tra uno spot ed un altro, alla sua amica
Cicala pensando: “non si sente più”
fra sé dicea e già s’immaginava
che, come succedeva tutti gli anni,
venisse a lamentare i suoi malanni
non appena l’autunno s’annunciava.
Quasi ogni dì, seduta alla sua mensa,
se l’aspettava, tutta infreddolita,
bussar da lei fingendosi pentita
di non aver provveduto alla dispensa
nella bella stagione e, supplicando,
della sua amica sempre generosa,
a cui ricorrer per qualsiasi cosa,
venir sfacciatamente proffittando.
“Ma ora basta! Non posso sopportar…”,
tra sé e sé borbottava la Formica,
“…ch’io abbia ognor sgobbato di fatica,
mentre ella altro non fece che cantar
per tutto il tempo, all’ombra del castagno,
senza patir calura né sudore.
Ed ora con che faccia? Che pudore?
Venir da me col suo solito lagno,
a cercare l’asilo e il nutrimento
con la vana promessa, poi smentita,
di non darsi mai più alla bella vita,
ma provvedere al suo sostentamento?”
Così ragionando andava la Formica
e le giornate si facean più corte
ché l’inverno era sì giunto alle porte,
ma non alcuna nuova dell’amica.
“Strano!…” Pensò tra sé già un po’ pentita
del malanimo che l’aveva mossa,
“…ora però non vorrei ch’essa non possa
venir da me perché già deperita.
Sarà malata? Oddio se fosse morta?
Povera amica! Ch’io mai avrei voluto
Che nell’estremo penar, nessun aiuto…”
Quando un colpetto risuonò alla porta.
Come destata da un sogno, immantinente
corse ad aprir con l’apprensione in core,
lasciando dietro di sé ogni rancore.
La Cicala era lì: viva e ridente!
“(Come!… Ridente?)” E sì, era radiosa
e tutta impellicciata e inanellata,
parea una stella brillar nella serata,
che lì per lì pensò: “(forse si sposa!)”
“Ciao Formichina! Ti vengo a salutare…”,
fece l’altra posando una valigia,
mentre spandea per la casetta bigia
un intenso profumo di zagàre.
Alla Formica, del tutto inebriata
e piuttosto confusa dall’evento,
il cor era salito a più di cento
e nella sua poltrona era crollata.
“…Sai quest’estate…”, continuava quella,
“…incontrai l’impresario del BEL CANTO
che, nell’udirmi cantar: – Sei uno schianto! –
disse di me, ma la cosa più bella
è che fortuna ha voluto che quel tale
mi scritturasse per una gran tournée!
Pensa Formica! Ha scelto proprio me
per esibirmi nella Capitale!”
“A sì? Tu vai a Parigi? Complimenti!…
Riuscì alfine la Formica a dire,
col tono altero di chi non vuol tradire
di aver l’invidia tra i propri sentimenti.
Poi la Cicala: “E l’ora di partire…”,
mostrando anch’ella la sua commozione
per la mestizia della situazione,
e baciò la Formica nell’uscire,
con malcelata commiserazione.
Allora l’altra, colta nell’orgoglio:
“più trattenerti amica mia non voglio”.
e, dominando la sua frustrazione:
“Del tuo passato non abbi nostalgia
e t’arrida a Parigi un bel successo!”
Quasi gridava rimasta sull’ingresso,
mentre che la Cicala se ne gìa.
E aggiunse ancor, strillando alla sua amica:
“Quando sarai nella Capitale,
di un favore ti prego, là c’è un tale
ch’è ben che tu da parte mia gli dica
che si comporti come si conviene!…”
L’altra, lontana: “Dovreii diree cosaa?”
E la Formica urlando rancorosa:
“… Di andare a quel paese…a La Fontaine!”
Irnerio Crognaletti
Parodia in chiave moderna de “LA CICALA E LA FORMICA “ di J. De La Fontaine.
Adattata ai tempi da IRNERIO GRUGNALETTI – Gennaio 1995 – ARCEVIA
Con la speranza che il Poeta, visto l’andazzo dei nostri tempi,
non si sia offeso e non mi mandi qualche maledizione dall’ Aldilà!
bella bellissima super bella ….
…..Moralità degli schiavi e risentimento
2. Il risentimento e’ per Nietzsche la nostra condizione moderna. Per capire il risentimento, e’ necessario capire la relazione tra morale del padrone e morale dello schiavo, al cui interno ha origine il risentimento. L’opera di Nietzsche Genealogia della morale e’ uno studio sulle origini della morale. Per Nietzsche il modo in cui noi interpretiamo e imponiamo valori al mondo ha una storia precisa – le sue origini sono spesso brutali e molto distanti dai valori da essa prodotti. Il valore di “buono”, per esempio, fu inventato dai nobili e dagli esponenti della classi superiori per descrivere se stessi, in contrasto con la gente comune, di basso rango e i plebei. Erano i valori del padrone – “buono” – opposti a quelli dello schiavo – “cattivo”. Perciò, secondo Nietzsche, e’ in questo “pathos di distanza”, tra i nobili e i plebei, in questo assoluto senso di distanza, che i valori morali sono stati
Left by enrico dignani on giugno 8th, 2007
.. i valori morali sono stati creati.
Left by enrico dignani on giugno 8th, 2007
Morale della favola: la formica in fondo è una stronza piccolo-borghese, la cicala è simpaticissima e abbiamo sempre sperato in cuor nostro che avesse fortuna e facesse schiattare d’invidia quella insopportabile pidocchiosa della formica.
Che La Fontaine si rivolti nella tomba non ce ne potrebbe fregare di meno: ben gli stà, avendo oppresso l’infanzia della nostra e di chissà quante altre generazioni.
Bravissimo Irnerio
PS- perchè non ne scrivi una anche su quel grandissimo rompipalle del grillo parlante?
Pinocchio, Lucignolo e Leo Barucca
Left by Leonardo Barucca on giugno 8th, 2007
Beh, Leo non essere così cattivo! In fondo anche la formica (dopo solo tre secoli e più) si è resa conto di essere stata una “…” come l’hai definita tu.
E in quello stato si ritrova alla fine, a espiazione di una lunghissima vita (più tre secoli appunto) passata da micragnosa.
Riguardo al “grillo”, non ci avevo pensato, ma ora che mi hai dato l’idea, subito mi è venuta istintiva la conclusione piuttosto cruenta dell’eventuale parodia collodiana. Su ispirazione dello stesso Pinocchio: basterebbe combiare soltanto di poco la traiettoria del martello…
No! Dovrei trovare semmai un finale più originale. Chissà per quante cose può ancora essere utile un “grillo”, seppur petulante, finalmente mandato in pensione. Forse anche al pescatore d’acqua dolce, oppure…
Comunque grazie Leo,
e grazie anche al sig. Dignani che non ho il piacere di conoscere.
Left by Irnerio on giugno 9th, 2007
Pardon, chiedo scusa, chiedo venia, ma ora ricordo! Il sig. Dignani era quell’eccentrico signore, nonché raffinato poeta, che era seduto accanto a me in quella serata piacevolissima di mercoledì scorso? Vero?
Rettifico subito: ho avuto il sincero piacere di conoscerla caro Enrico, come no! E ironia della sorte lei è stato lo “sconosciuto”, tra i tanti (sa, io vivo sui monti), che Franco Giannini mi ha presentato appena sono arrivato.
Beh, sono sbadato non poco. Chiedo di nuovo scusa.
Mi consolo con la speranza che la sbadataggine sia una delle peculiarità dei poeti (come dei grandi geni), perché vorrebbe dire che forse ho anch’io ho qualche possibilità?
Left by Irnerio on giugno 9th, 2007