Ti amo tanto, amore mio… nessun cuore
Umano canti con più sincerità…
Ti amo come amico e come amante
Nel sempiterno divenire della realtà.
Ti amo affianco, d’un amore sereno e forte,
E t’amo lontana, presente alla mia nostalgia.
Ti amo, infine, con grande libertà
Nell’eternità di ogni istante.
Ti amo con la semplicità di un liceale,
Di un amore senza misteri né eroismi
Con desiderio forte e costante.
E per l’amarti sempre e così tanto,
Un giorno d’improvviso nel tuo corpo
Sublimemente devo morir d’amore.
(Tradotta e liberamente interpretata da Giuseppe Bottazzi)
Testo originale:
Soneto do amor total
Amo-te tanto, meu amor… não cante
O humano coração com mais verdade…
Amo-te como amigo e como amante
Numa sempre diversa realidade.
Amo-te afim, de um calmo amor prestante,
E te amo além, presente na saudade.
Amo-te, enfim, com grande liberdade
Dentro da eternidade e a cada instante.
Amo-te como um bicho, simplesmente,
De um amor sem mistério e sem virtude
Com um desejo maciço e permanente.
E de te amar assim muito e amiúde,
É que um dia em teu corpo de repente
Hei de morrer de amar mais do que pude.
Vinícius de Moraes
(Livro de Sonetos, Sabiá, Rio de Janeiro 1967)
NOTA ALLA TRADUZIONE
La presente versione del Sonetto è stata realizzata
considerando il platonismo come caratteristica
peculiare del pensiero etico-estetico di
Vinícius de Moraes: ogni simbolo poetico trova
perciò il proprio senso in quella Perfezione
archetipica di cui è l’immagine imperfetta.
Per quanto riguarda il titolo, ho scelto di tradurre
«amor total» con “perfetto amore”: partendo
infatti dal corrispondente greco antico
di «total», ovvero ὅλος, si arriva all’aggettivo
ὀλοτελής, cioè “perfetto”, indicante la qualità
di un qualcosa che è pervenuto alla propria
compiutezza.
Ho poi voluto forzare, in modo sicuramente
arbitrario, la traduzione dell’ultimo verso
della seconda quartina, nell’intento di rendere
in maniera poeticamente efficace la concezione
del rapporto tra coscienza e tempo, più volte
ricorrente nei testi di Moraes. Una concezione
molto affine a quella del platonismo di
Sant’Agostino, il quale riconosceva all’«anima»
la capacità di sintetizzare, nell’istante del
qui-e-ora, il ricordo del passato, la coscienza
del presente e l’aspettativa del futuro.
Nel primo verso della prima terzina, ho scelto di
tradurre «bicho» con “liceale” (cfr. la definizione
n. 4 del lemma nel DICIONÁRIO DA LÍNGUA
PORTUGUESA, Porto Editora, Porto 2010),
in quanto mi è sembrato il più adatto a rappresentare
la semplicità e l’essenzialità ‘archetipiche’ dei primi
amori adolescenziali («simplesmente», «sem mistério
e sem virtude»).
Infine, nel tradurre «mais do que pude»
– ultimo verso – con “sublimemente” (in relazione
all’espressione «morrer de amar»), ho voluto fare
esplicito riferimento alla categoria estetica
del Sublime, così come definita e trattata dal
filosofo Edmund Burke.
In qualità di mero dilettante di poesia, tengo
a sottolineare che quanto esposto in questa
Nota è stato vergato nell’intento di rendere
conto, a titolo del tutto personale, di alcune
scelte da me operate nella traduzione: pertanto
non ha alcuna pretesa di validità epistemologica
nell’àmbito delle scienze umane.
G.B.
Left by Giuseppe Bottazzi on dicembre 23rd, 2012
P.S. Analogamente alla seconda quartina,
ho forzato linguisticamente la traduzione
dell’ultimo verso della prima («Numa sempre
diversa realidade»), interpretandolo alla luce
della contrapposizione – propria del pensiero
della Grecia antica – tra le apparenze ingannevoli
del divenire, e l’eterna Verità che dietro tale
divenire si cela. Contestualmente al Sonetto di
Moraes, amare è dunque il poter superare
– attraverso l’unione con la persona amata – la
percezione illusoria delle cose, contemplando
Ciò che dell’amore è il fondamento.
G.B.
Left by Giuseppe Bottazzi on dicembre 23rd, 2012