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‘n appuntament’
vol’ di’ puntualità
e po’ ess’ ‘n impegn’
o ‘na casualità,
ma quant’ volt’
s’ perd’ st’appuntament’
e c’ s’arpara
dietra ‘n contrattemp’?
“N’ho armess la svegghia
e n’ m’ so’sv’gghiat!”
o è la colpa
d’n fatt’ inasp’ttat.
Ma purtropp’
c’è chi n’ l’ scorda miga
e n’ s’ sparagna
manc’ la fatiga.
P’r lia ’l temp’
pol’ ess’ long’ o cort’,
in do’ parol’,
io parl’ d’ la mort’.
T’avess’ scritt’
‘l nom’ sul libr’ ner’,
’n c’è chi è più
pr’cis’ o più sincer’.
E n’ vòl’ cert’
raccumandazion’,
s’è nuta l’ora,
manc’ ‘na dilazion’.
C’ sarinn’ do’ modi
a falla scumbinà,
e s’ c(e)’ provi,
poj anch’ scantunà.
‘n mod’ saria
d’ fatt’ truvà già mort’,
ma è com’ s(e)
s’anticipass’ la sort.
C’è ‘n antr’ mod’,
ma costa ‘na furtuna:
prend’ al vol’
‘n razz’ p’ la luna.
Lassù ‘n mes’
dura ‘na nott’ e ‘n giorn’;
sa do’ stiman’,
è ‘n ann’ ch’ giri intorn’.
Cusì la mort’,
p’r pià l’appuntament’,
n’ c(i)’arcapezza
e ‘i pol passà d’ ment’.

Franco Patonico

Traduzione:

L’APPUNTAMENTO

Un appuntamento vuol dire puntualità
e può essere un impegno o una casualità,
ma quante volte si perde questo appuntamento
e ci si ripara dietro un contrattempo?
“Non ho rimesso la sveglia e non mi sono svegliato!”
O la colpa è di un fatto inaspettato.
Ma purtroppo c’è chi non lo scorda mica
e non si risparmia neanche la fatica.
Per lei il tempo può essere lungo o corto,
in due parole, io parlo della morte.
T’avesse scritto il nome sul libro nero,
non c’è chi è più preciso o più sincero.
E non vuole certo raccomandazioni,
se è venuta l’ora , neanche una dilazione.
Ci sarebbero due modi per farla scombinare,
un modo sarebbe di farti trovare già morto,
ma è come se si anticipasse la sorte.
C’è un altro modo, ma costa una fortuna:
prendere al volo un razzo per la luna.
Lassù un mese dura una notte e un giorno;
con due settimane, è un anno che giri intorno.
Così la morte per prendere l’appuntamento
non si raccapezza e le può passar di mente.

One Response to “L’ appuntament’”

    «Il viaggio sempre ricomincia, ha sempre da ricominciare, come l’esistenza, e ogni sua annotazione è un prologo; se il percorso nel mondo si trasferisce nella scrittura, esso si prolunga dalla realtà alla carta – scrivere appunti, ritoccarli, cancellarli parzialmente, riscriverli, spostarli, variarne la disposizione. Montaggio delle parole e delle immagini, colte dal finestrino del treno o attraversando a piedi una strada e girando l’angolo. Solo con la morte, ricorda Karl Rahner, grande teologo in cammino, cessa lo STATUS VIATORIS dell’uomo, la sua condizione esistenziale di viaggiatore. Viaggiare dunque ha a che fare con la morte, come ben sapevano Baudelaire o Gadda, ma è anche un differire la morte; rimandare il più possibile l’arrivo, l’incontro con l’essenziale, come la prefazione differisce la vera e propria lettura, il momento del bilancio definitivo e del giudizio. Viaggiare non per arrivare ma per viaggiare, per arrivare più tardi possibile, per non arrivare possibilmente mai» (C. Magris,
    L’INFINITO VIAGGIARE, Mondadori, Milano 2005, p. VIII).

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