Poesie Senigalliesi » Blog Archive » Nella tua camera con un campo di papaveri
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Non ho mai visto e ne sentito
raffinati come altri questi
sicuri individui, che vivon
in pozzanghere di vita
al centro o in periferia
definiti dal loro ruolo
e pieni al servizio solo d’un
sistema degradante e chiuso
per bruciare e riprodursi.
Plasmati nel loro ruolo
e nell’opera laboriosi
per tessere nuove relazioni
con amore in apparenza
libere e comuni e riempirsi
di bene ancora e ritagliarsi
altri privati spazi
in sembianze intoccabili e alti.

Non ho mai visto e ne sentito
opportunisti come altri
questi fascinosi individui,
che vivon muti in ideali
progressi asserti dentro
stampate villette o grigi
castelli che parlano
che cercano passioni e nuove
soluzioni con due tasti
fusi dietro a mille schermi…
Non ho mai visto e ne ascoltato
arroganti vecchi, come altri
questi veri giovanotti
ancora più seguaci che
volean come fare
novelli e con saggezza
i padroni d’una banda
indifferente e commerciale
o di un corpo ormai usato,
partecipando più famosi
a un pezzo di banchetto sempre
più globale, non affacciati
neanche sulla terra
e sfiorandosi d’opinioni.

Non ho mai visto e ne incrociato
presuntuosi come altri
questi umani venditori
di sogni e di parole
urlare alla vita o allungare
il loro passo oltre
l’attuale soglia,

scompigliare i moderni giorni
meditare nel respiro;
ascoltare l’idea del cuore.

Morire in gabbia e rinascere altrove.

Carlo Federiconi

2 Responses to “Nella tua camera con un campo di papaveri”

    “Ahi serva Italia, di dolore ostello,
    nave sanza nocchiere in gran tempesta,
    non donna di province, ma bordello!”

    (Dante Alighieri – Commedia – Purgatorio, Canto VI, vv. 76-78)

    VERSO IL FONDO

    La rete
    che strascica sul fondo
    non prende
    che pesci piccoli.

    Con altre reti ho preso
    pesci rondine
    e anche una testuggine
    ma era morta.

    Ora che mi riprovo
    con amo e spago
    l’esca rimane intatta
    nell’acqua torbida.

    Troppo spessore è intorno
    di su, di giù nell’aria.
    Non si procede: muoversi
    è uno strappo.

    (Eugenio Montale – Diario del ‘71 e del ‘72)

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