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Sono
sarò
vecchio
buon compleanno un cazzo !
Cosi sia
finché le misteriose
ragioni dell’istinto di sopravvivenza
prevalgono
cosi sia
senza conta passi
sotto l’ombrello di quel poco che mi è capitato
di costruire
passeggiare
fra le nebbie di un futuro
che congeda un credo non creduto
vagare
negli orti di guerra
di una solitudine possibile
apprezzare
il disprezzo di giovani puttane
e salutare quel generoso zero
che mi ha fatto partecipe del vivere.

Il tubo digerente delle badanti
non è affar mio
Dio le benedica
amen.

Enrico Dignani

15 Responses to “Sono sarò vecchio”

    ore 7,15 oddio Enrico,
    non cadere in certi pensieri
    cerca di reagire
    come si fa non so
    altrimenti fai la mia fine
    E non è bello
    assai dura
    tanto che ti pare scoppiare
    desiderare la fine
    Enrico per carità
    non cadere
    io sono così sicuro della tua forza.
    Più tardi quando si leverà la luce del giorno
    cercherò di chiederti aiuto
    dandoti l’ordine
    di essermi amico sempre
    Mi raccomando.
    dario

    caro Dario ho scritto fingendomi l’umanità il mio cerco di ricordare che è un teatro del
    dire che se poi mi corrisponde poco male mal comune mezzo gaudio tu mi sembra che fai
    fatica ad abitarti io ci sono abituato ed è credo un’abilità un autosufficenza utile a tutti
    Berlusconi compreso.ciao

    chi è quel generoso zero….

    … corrisponde al tuo forse generoso UNO è il mio pusher il mio fornitore
    di argomenti variopinte artificiali rappresentazioni. .. eppoi (senza eppoi)…

    Io so’ ’sta vita esplosa

    Tortura e febre a caso
    me viene drento, e moro
    senza mori’ e so’ raso
    come ai macelli ‘l toro

    quando in mezo a la fronte
    ie sparane quel chiodo,
    e i ochi cerca un ponte
    da traversa’ e ‘nt’un nodo

    de sangue ie s’impiomba:
    io so’ ’sta vita esplosa
    che su de se’ ripiomba
    . . . . . . . . . . . . . . .

    Franco Scataglini
    da “E per un frutto piace tutto un orto”
    L’Astrogallo 1973

    ..quanto lo paghi, se mai lo hai fatto, e se lo fai ancora, il tuo pusher…

    … io e me siamo in troppi: ci vuole il terzo (il pusher).. è tutta
    una storia di baci sulle guance elettriche … eppoi (senza eppoi)…

    Caro Enrico,”Sono e sarò vecchio” l’ho letta prima tutta d’un fiato e poi come sempre accade leggendo le tue poesie, l’ho riletta e riletta più attentamente; merita veramente tanti complimenti.
    Per vivere, o sopravvivere, ci vuole coraggio, filosofia, e una buona dose di ironia. Tu Enrico le possiedi. Un affettuoso saluto.
    EDDA

    Ciao, Digna. Ri-eccomi. Mi piace sempre quello che scrivi… Quand’è stato il tuo compleanno? :-)

    carissime deliziose signore ho come l’impressione di ricevervi in camerino come gli
    attori dopo lo spettacolo ho quasi voglia di far finta di essere in trionfo e sentirmi
    sommerso dai fiori e dalle guance … grazie è carina l’attenzione di cui mi fate dono
    la poesia è del 2005 il compleanno il 3 novembre i poeti in genere di poesie ne scrivono
    a centinaia io sono ancora nell’ordine delle decine … è il mio guaio … ciao baci.

    La sindrome del single è una malattia di quelle che se ti hanno infettato, non ti ripigli più, nemmeno dopo anni di concubinato.

    E non ha a che vedere con cornetti e amanti nell’armadio, ma con un modus vivendi che ogni tanto torna prepontemente fuori, qualora gliene venga data occasione.

    Quando Tino è in trasferta, come ieri, a me mi piglia quasi sempre la sindrome del single.

    Alle volte la scateno invitando qualche amica a cena. Alle volte mi guardo tutta una intera serie di Friends da sola. Alle volte mi collego al pc e non mi si stacca se non con lo scalpello. Come ieri sera.

    La sindrome da single infatti, ogni tanto si sviluppa in una qual forma sociale che porta a serate birra-pizza-paglia con le amiche, mentre nella stanza accanto la frollina dorme.

    Ogni tanto mi trasforma in un orsetto che entra in letargo. E che vuole cucirsi la bocca e rimanere a contemplare il proprio ombelico in santa pace.

    Di solito, quando Tino è in trasferta, io metto a letto la frollina, mi guardo “Un posto al sole” e poi ceno in maniera disordinatissima.

    Può essere che chiami la pizzeria d’asporto, il cui titolare ormai conosce anche il mio codice fiscale, visto che telefono in media 2 volte la settimana e ogni volta mi ringrazia per la splendida vacanza alle Maldive che gli ho regalato l’altro inverno.

    Può essere anche che, come ieri sera, passi in Coop nel pomeriggio, mi compri un etto e mezzo di prosciutto di parma, due zoccoletti di pane (che si, è il mio pane preferito! ;-) ) e una mezza lattina di cocacola.

    Fin quando la frollina è sveglia gioco-canto e faccio la mamma presente. Poi arriva il momento della nanna.

    Da quando ho attaccato i pesci e il mare al suo muro, lei prima di addormentarsi, inciucciata e impigiamata, comincia ad indicare tutti i pescietti presenti e allora io le racconto le avventure del tonno che vuole fare il delfino per sfuggire all’orda di grissini selvaggi e quella della medusa Manuela che vorrebbe non pungere i bambini nel mare ma poi se ne dimentica e finisce sempre per far piangere qualcuno. Motivo per cui le sue serate le passa a raccontare i suoi problemi a Spugna, lo psicologo del Mar Frollo.

    La frollina mi guarda incantata, indica un personaggio e io cambio voce, cambio racconto, cambio prospettiva. Come in Pulp fiction.

    Poi ad un certo punto, dopo aver sentito ben bene la storia, crolla addormentata stringendo Manolo, il coniglio invertebrato.

    E così se è una sera che Tino è tipo a Napoli, come ieri, allora Panzallaria taglia il pane, ci infila il suo prosciuttino e si piazza a mangiare davanti a codesto pc, con tutte le briciole che si incastrano nei tasti e i gatti che vogliono stare in braccio e sui cavi caldi del collegamento.

    E fa cose e vede siti e legge blog, fin quando non le passa la voglia. Poi si mette a letto, sbracata nel suo pigiama, accende la sua lucina da notte e legge come una matta.

    Fin quando anch’essa, come la sua creatura, non crolla dal sonno.

    Un tempo era diverso. Un tempo uscivo e vedevo gente e andavo in posti e frequentavo la bolognabainaìt.

    Adesso mi sollazzo così, prendendomi il gusto di passare ore senza proferire verbo, senza avere gli occhi puntati sulla mia mangiachiodi preferita e senza lavare piatti, cucinare, interloquire.

    Tino mi manca, sia chiaro. Mi mancano le nostre discussioni serali, a parlare di quel che è successo nel giorno oppure a guardarci un film insieme e a ridere di quella scena e a piangere di quell’altra.

    Mi manca anche quando entriamo nel letto e lui mi stringe a cucchiaio da dietro e ci addormentiamo così che poi io mi incartapecorisco lì e ho male a tutte le giunture e allora a metà della notte gli tiro dei calci per spostarlo.

    Però ogni tanto mi piace. Mi piace il silenzio, la casa vuota e totalmente a mia disposizione. Mi piace il frigo vuoto che resta vuoto e io che mangio cose così, come vengono, senza pensarci troppo, senza troppa cura.

    Perché la vita è fatta di pieni e di vuoti e ogni tanto bisogna coltivare anche i vuoti dalle cose e dai sentimenti e dalle persone. Quelle piccole aree personali, escluse a tutti, mariti, figli, amici e che ci permettono di fermarci un minuto a pensare solo a noi, a farci domande stile Marzullo:

    dove sto andando? cosa sto facendo? cosa voglio fare? dove voglio andare?

    Mi son permesso di leggerti.
    Ho sentito disagio
    mi sono vergognato
    Io quassù a Padova con la Signora dai capelli turchini che si aggira dentro la Wiennese.
    La bellisssima ridente gioventù del Maldura
    E le suore suorine che pregano od almeno credo e sono tante in Via Beato Pellegrino.
    Il Piazzale Mazzini largo aperto generoso tutta vita e trilli di cellulari
    Ponte Molino e la Torre Mozza quadra con epigrafi marmoree che ricordano Ezzelino
    La ramata enorme Cupola della Basilica del Carmine col campanile sempre in ristrutturazione
    Il pessimo monumento a Mazzini che hanno appena finito di lucidare
    Luoghi ,è il titolo che ho scelto per la raccolta delle mie così dette poesie
    Nomi di amici|e che vivono giù dalle parti di Senigallia che mi pare di rimpiangere sempre
    Casa a 6 Km. dal posto ove vivo,colleghi di fatiche mentali
    Bar, baretti,baracci non pratico osterie
    Circoli pseudo culturali
    Federazione sopra la testa
    Sezioni di partito
    Riunioni-direttivi informali della cgil
    Persone dalla pelle scura-nera-pallida
    Vecchi che si trascinano a fatica
    Prostitute che si vendono per poco-concorrenza sleale delle bambine padovane che con dieci euro ti fanno tutto quello che vuoi.
    Ladri-ladri di verità e puttane che piene di pellicce vanno in chiesa fingendo di pregare _Alta Borghesia, non per bisogno,vendetta e frustrazione.
    Soldi che escono da ogni angolo
    Banche che cambiano nome un giorno si e l’altro pure
    Compagni-dico Compagni che picchiano la donna-moglie-amante non importa,eppoi gridano contro i fascisti.
    Confusione e malafede interessi miseri nemmeno più nascosti
    Facciamo a gara
    Scambiamoci il posto,chiamiamolo destino
    Ma perchè quello che ci scriviamo lo diciamo eppoi ci ridiamo di nascosto alle spalle
    Io dubito non sono mai sicuro forse è la mia mancanza di spirito o la troppa fiducia che ripongo nel mio vicino, non so, non so proprio.
    Quando tento di aiutare solidarizzare con qualcuno vedo che poi ridono , scherzavo mi dicono:pollo.Ed allora?.Apro la porta chè suonano arriva gente che chiede bianco e vuole nero.Che fare?.
    Ecco il risultato per non aver fatto i miei affari, curioso in buona fede mi sono buttato a leggere ed ora ne so più di prima.
    dario

    … c’è molto in quello che racconti goditi la fortuna del molto problemi né abbiamo
    tutti io per esempio clicco su risolvi in seguito e riprendo la strada verso il Premio
    Nobel con grande convinzione mi mancano solo 900 poesie che non sò scrivere ma da
    bravo furbetto ci spero … ma le suorine in via Beato Pellegrimo sono in divisa da
    suora? Sono fanciulle timorate di Dio o anime in qualche modo perdute?
    Dario ti saluto sii sereno ciao

    Enrico caro amico
    assai molto
    molto di più
    Il problema delle suore:
    Quelle vecchie
    si trascinano
    sotto i portici
    bellissimi
    restaurati dalla Regione
    Vari ordini dai nomi
    a me astrusi
    Le giovani e giovinette
    Anna per esempio dovrebbe avere o 28 o 32 anni non ricordo bene
    Quella che veniva sempre a far ricerche su Camus e Sartre
    Era suorina laica
    vestita come tutte le ragazze della sua età
    aveva un crocifisso piccolino
    di legno attorno al collo
    si vedeva appena
    la mattina studiava
    faceva pulizie
    eppoi andava a pregare
    pochissimo
    in bici veloce
    al Carmine
    Per strada quando ci vedevamo
    ci si abbracciava d’istinto
    totalmente
    sensa pensare ad altro ( almeno io )
    Il pomeriggio andava a lavorare alla mensa dei poveri
    da Suor Lia
    la sera ripassava a salutarmi
    e si sfogava parlando di tutto
    Un giorno
    per punizione !
    fu spedita in Toscana
    Ora lavora e studia e dice una preghiera al giorno per me
    Mi scrive ed è allegra leale ( si sente una nostalgia mascherata )
    Legge le mie poesie d’amore sul quartiere
    E’ sempre aggiornata
    So sento che se dovessimo rivederci faremmo l’amore sino a sfinirci
    Anna parlava un italiano da Magna Grecia
    era di Pizzo Calabro
    Scappò da casa per liberarsi della profonda terribile madre in perenne depressione.
    Anna si sente donna.
    Caro Enrico ce ne sono vestite tutte di nero che vanno contromano in bici.
    Una di esse un giorno entrò in libreria ed alzò le braccia al cielo non per pregare ma per gridare vittoria ed abbracciò tutti i presenti.Rideva felice per essersi laureata col massimo dei voti.
    Che peccato vedere gioventù così mascherata
    Ci sono suore che sarebbero state perfette amanti-mamme-insegnanti allegre.
    Altro che velo islamico.
    Questi portici racchiudono anime in pena.
    Di timorate non ne vedo
    Enrico non vorrei sembrare osceno allora smetto.
    un abbraccio
    dario

    da un manuale di scienze umane\sociologia Ferrarotti

    Se scompongo un fatto sociale per giungere,nell’ottica sociologica, alla sua unità
    elementare, non trovo l’individuo, concepito come il non più divisibile e quindi l’unico.
    Trovo l’individuo che recita un ruolo,che ne è titolare,portatore,attore.
    Il ruolo è dunque la categoria fondamentale dell’analisi sociologica.
    Ogni societa è costituita da una rete di ruoli, è un insieme coordinato di parti,
    affidate e, anzi, recitate da individui, ma tali da poggiare su una loro logica
    relativamente autonoma e da poterne quindi prescinderne. Sta di fatto che gli individui
    passano ma i ruoli restano. L’individuo entra a far parte della societa assumendo un ruolo.
    Naturalmente può anche rifiutarlo,ma allora si espone al rischio di divenire un asociale,
    un deviante. La societa allora lo emargina e alla fine lo ostracizza.
    Chi rifiuta il ruolo,ogni ruolo,per liberarsi dalle maglie della societa, non può contare
    su molte opzioni.
    L’artista e il criminale si pongono al di fuori dei ruoli della normalità quotidiana,
    ma ben presto hanno a che fare in prima persona con i rigori del controllo sociale.

    fò basta, ciao

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